Parliamo di Coaching...

Parliamo di Coaching...

lunedì 29 dicembre 2014

Verso il 2015 Alleniamo la Speranza!

Cari lettori InAllenamento,
spero abbiate trascorso un buonissimo Natale!
Stiamo per salutare il 2014 e stiamo per accogliere il nuovo anno, oggi, alleniamo una Potenzialità fondamentale: la SPERANZA.

La Speranza è la facoltà di prefigurare il futuro attraverso l’individuazione dei propri desideri, la loro
collocazione nella realtà e la messa in pratica attraverso strategie d'azione per il loro raggiungimento.
La Speranza è credere nelle proprie e altrui possibilità.
La Speranza ci porta oltre l'ostacolo con ottimismo.
La Speranza ha bisogno dei nostri muscoli per trasformarsi in azioni concrete.

Puoi iniziare scrivendo il tuo sogno-progetto e pensando a tutte le risorse e agli alleati a cui puoi ricorrere per raggiungerlo. E poi?
Dal 1 Gennaio qual è l'azione giornaliera che farai per costruire il tuo sogno?

Auguri di Speranza!
#angelamammana

venerdì 5 dicembre 2014

"Esserci per l'altro"

Oggi vorrei condividere con voi uno scritto molto interessante di una mia "allenata", una giovane studentessa universitaria con la passione per la scrittura che mi ha confidato che la cosa più bella che darebbe senso e significato alla sua vita e alla sua professione è "esserci per l'altro".
 L'esercizio a casa è stato quello di scrivere una pagina (in stile libero)  in cui raccontava che vuol dire per lei questa affermazione. Sono stata autorizzata a pubblicarlo e spero sia solo la prima di una lunga "pubblicazione" magari come da sogno...di un bel libro tutto suo.
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"Esserci per l'altro"

Quando ero piccola dicevo che da grande mi sarebbe piaciuto andare in giro per il mondo a distribuire cibo e sorrisi ai bambini che non hanno. In pratica, volevo fare la Befana...almeno dal punto di vista estetico sono sulla strada giusta! Poi ho compreso che il lavoro della Befana non dev'essere molto remunerativo ed ho accantonato l'idea. Ma mi è rimasto dentro un indefinito desiderio di dare.
Dare perchè sento queste mani solo nel momento in cui le tengo verso l'altro. Perchè sento che la mia esistenza assume un senso solo se è al servizio di quella altrui, e lo perderebbe se essa fosse mia e basta. Ecco perchè quando riesco a donare e a donarmi, anche nelle semplici situazioni quotidiane in cui offro il mio aiuto o il mio tempo o un abbraccio a qualcuno che ne ha bisogno, mi sento veramente viva. Ed ecco perchè per me esserci per l'altro non vuol dire mettersi da parte: al contrario è entrare nella relazione con entrambi i piedi e con tutti i propri vissuti e le proprie emozioni e lasciare che diventino emozioni anche nell'altro. Probabilmente sto scrivendo in modo così astratto ed evanescente perchè non so davvero cosa significhi per me esserci per l'altro. L'ho dimenticato con il tempo o meglio, ho dimenticato come si fa concretamente a farlo.
E mi resta questa voglia di dare di cui non so bene cosa fare.

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All'interno di questo scritto si mi risuonano forti due delle sue potenzialità: "generosità" e " vitalità". Questa settimana abbiamo scelto di allenarle con delle azioni concretissime. Vivere le potenzialità che abbiamo ci permette di vivere una vita più gratificante, dare il meglio, affrontare la quotidianità con delle forze eccezionali. 
La "voglia di dare" si trasformerà in un "fare! 


Foto di Anastasia Barbarini

mercoledì 3 dicembre 2014

Oggi alleniamo l'Amore per il Sapere!


Cari lettori, 
un calendario originale sulle potenzialità nato dalla creatività di alcune care colleghe (che ringrazio).
Oggi alleniamo l'Amore per il Sapere!
Se vi piace, raccontateci i vostri esercizi e le vostre scoperte, potete farlo commentando il post o privatamente scrivendo a coaching@angelamammana.it.
Buona giornata!



lunedì 1 dicembre 2014

Lo sviluppo del potenziale umano per migliorare la qualità di vita dell’anziano.

Qualche riflessione sul campo…
In occasione di un incontro culturale mi è stato chiesto di fare un esercizio sull’individuazione delle potenzialità umane. Sapevo che l’età media sarebbe stata alta, ma la realtà è stata ancora più sorprendente: l’età media era sui 65-70 anni. Ma la cosa più bella è che, nonostante abbia sempre pensato che gli anziani siano una risorsa eccezionale (le anziane del paese e i miei nonni me l’hanno sempre dimostrato!), mi hanno davvero stupito ancora una volta per la loro vivacità e voglia di scoperta. Si sono messi in gioco, hanno fatto un esercizio in cui potevano esprimere le loro risorse più forti, ormai consolidate dall’esperienza e dagli anni.
L'età senile spesso viene vissuta come un momento depressivo e di deterioramento fisico e mentale, a cosa potrebbe aiutare la scoperta del potenziale? Una collega della Scuola Italiana di Life & Corporate Coaching, Moira Barbacovi, in Trentino Alto Adige sta verificando l’efficacia del Coaching Umanistico nell'ambito della Terza Età. Una metodologia al servizio dello sviluppo e del miglioramento della vita quotidiana dell’anziano ospite in Case di Riposo e dei suoi parenti. Ha utilizzato il metodo in modo innovativo formando gli operatori di strutture per anziani, e sviluppando delle potenzialità “organizzative” delle Case di Riposo stesse, al fine di aiutarle a creare le migliori condizioni per la felicità eudaimonica e edonistica dei suoi ospiti-inquilini. Il metodo stimola l’anziano nel rapporto con sé stesso, nella relazione con persone importanti e/o che gli stanno accanto, e nelle attività quotidiane. Le attività puntano a scoprire e allenare i punti fi forza degli anziani, le potenzialità, le felicità e le intelligenze, per creare le condizioni per il benessere quotidiano.

Anche l’UE sta creando una partnership europea per l'innovazione sul tema: "Invecchiare rimanendo attivi e in buona salute", attraverso dei progetti pilota mira ad aumentare nei prossimi due anni la vita media in buona salute degli europei (http://ec.europa.eu/health/population_groups/elderly/index_it.htm).
Accoglierei la sfida: dal Trentino al Lazio, a tutta Europa manteniamo in vita e sviluppiamo il potenziale umano a tutte le età!


Foto: con gli anziani all'Aquila dopo il Terremoto (2009). 

giovedì 20 novembre 2014

"La fatica di essere se stessi"...o l'opportunità di esserlo?

La spinta all’autorealizzazione necessita di una forte creatività e di tutte le forze che la persona possiede, poiché è qualcosa che mette in crisi la semplice attività di problem solving lineare.
 L’autorealizzazione implica la messa in campo di se stessi e di un progetto personale di vita.
Ehrenberg nel suo libro “La fatica di essere se stessi” (un po’ provocatorio e anticonformista) vede nel XX secolo un contesto sociale in cui l'individuo è oppresso dalla necessità di mostrarsi sempre all'altezza, le norme della convivenza civile non sono più fondate sui concetti di colpevolezza e disciplina, ma sulla responsabilità e sullo spirito d'iniziativa. Suggerisce che questo provoca una correlazione tra la depressione e il funzionamento della nostra società contemporanea. Sottolinea come l’individuo debba spendere tante energie per diventare se stesso. La realizzazione di una persona passa quindi per una strada fluida e tortuosa dove non è semplice e immediato trovare un motivo o un lavoro o una relazione per cui spendersi, e trovare in queste situazioni i luoghi dove mettere in condivisione e in moto le parti più personali e preziose.  Quando non si sceglie qualcosa, ci si può sempre lamentare dei condizionamenti altrui (genitori, stato, aziende) si può dare la colpa a qualcun altro. Ma quando si sceglie, ci si assume sulle spalle il rischio del fallimento e la vergogna che ne può conseguire (L. Stanchieri).  
La complessità del processo di autorealizzazione si respira nei percorsi di coaching in cui si affrontano scelte delicate, cambiamenti importanti, si ricerca una quotidianità più consapevole. Questo percorso può attraversare la scelta della professione, lo sviluppo delle relazioni affettive, la disaffezione di un adolescente per la scuola, la preoccupazione di un genitore verso il figlio che si isola, la performance di un professionista, l’autostima di una giovane donna, la paura di non riuscire, la ricerca di una persona con cui costruire una famiglia ecc.. Ogni situazione può essere un’occasione per tirar fuori se stessi, non per entrare in competizione o per un successo edonistico, ma per essere felici e far “fruttificare i talenti “(Mt25,14-30). Tirar fuori se stessi in queste situazioni, scegliere con coscienza, portare avanti una situazione con perseveranza, possono diventare tutte occasioni per fare della spinta di autorealizzazione un’occasione di realizzazione.

domenica 9 novembre 2014

La relazionalità: ascolto, tempo e sincerità

Vorrei dedicare questo scritto a tutte le donne che ho incontrato in questi ultimi mesi, amiche, clienti, conoscenti, tutte accomunate da una ricerca: l’amore.
L’amore di coppia, quell’incredibile esperienza che fa battere il cuore o fa disperare di dolore, che a volte fa rabbia, altre fa paura, altre ancora ci fa scoppiare di gioia o ci dà pienezza. Quella relazione delicata che tanto ricerchiamo, un desiderio naturale che fa parte della vita e della natura umana.
È interessante come, ciascuna di queste donne che ho incontrato, abbia vissuto e vive la propria ricerca. Una giovane diciottenne, che ha capito già cos’è l’amore e si accorge che l’atteggiamento del suo ragazzo nei suoi confronti non è adeguato, non è gentile, è pretenzioso a volte non rispettoso. Lei stessa mi dice ed è cosciente che l’amore che desidera deve avere altre caratteristiche: rispetto, verità, libertà.
La brillante ventisettenne, una macchina da guerra nel lavoro, che davanti a un possibile appuntamento entra nel panico e non sa come governare la situazione, dimenticando la sua capacità empatica ed accogliente, la sua solarità e simpatia.
La  trentenne e la quarantenne, entrambe già convinte che non c’è speranza e che il principe non arriverà mai, non si sa per quale strano motivo sono certe che non potranno mai essere felici in amore, tutto è segnato! E dentro di loro cova un infinito desiderio di amare schiacciato da paure e delusioni.
Potrei continuare a fare l’elenco, mi fermo qui e le ricordo tutte con stima e con la certezza che l’amore vive e vivrà nelle loro relazioni. Non scrivo spesso di queste cose perché ho paura di scadere nel banale, nello scontato, ma tutte queste storie non hanno nulla di banale e scontato.
Sono storie di donne con le vite più diverse, accomunate da questa ricerca!
Per ogni persona la relazionalità ha un valore e un percorso diverso, è fatta di esperienze uniche. Non penso che ci siano ricette o soluzioni che vadano bene per tutti, ma che ciascuno di noi può fare la propria parte, scarcerando il sentimento dell'amore.
Possiamo iniziare "amando", attraverso piccoli-grandi passi: ascolto, tempo insieme e sincerità. Proviamo ad ascoltare chi ci sta di fronte liberandoci da pregiudizi e paure (cosa penserà di me?), trascorriamo del tempo in cui conoscerci nelle cose semplici e parlando (conoscendo l'altro e non idealizzandolo) con sincerità (sicuramente la comunicazione falsa o strategica non costruisce il rapporto, ma lo distrugge).

Possono sembrare passi facili o complicatissimi dipende dalla condizione che viviamo, ma di sicuro in modo personale possiamo aprirci a una nuova conoscenza...!

lunedì 20 ottobre 2014

Il Coraggio: oltre le paure di ieri

Il coraggio ha diverse dimensioni: psicologica, morale, relazionale e collettiva. Nel coraggio troviamo scelte, azioni, pensieri e motivazioni. Il coraggio non preclude la paura, è la possibilità di affrontare la paura senza esserne soggiogati. Il coraggio è quella capacità di fronteggiare ostacoli e avversità e implica integrità. È proprio il coraggio che ci fa affrontare anche le nostre parti più oscure, le nostre ombre, ed è quella parte di noi di cui abbiamo bisogno quando siamo in difficoltà.
La ritroviamo nelle grandi organizzazioni umanitarie e nelle persone che ci lavorano, in quelle donne che hanno dato la vita per le popolazioni in guerra, in chi ha il coraggio di scrivere o dire attraverso i media verità scomode. Lo ritroviamo nelle famiglie che oggi si costituiscono al di là delle sicurezze economiche che il paese dà, e ancora in tutte quelle persone disoccupate che decidono di rimettersi in gioco in attività nuove per ricominciare a lavorare. E poi...c'è il coraggio di amare!

Il coraggio di far vivere l'amore nelle relazioni, di portare avanti una relazione al di là di ostacoli e paure, di ricominciare ad amare superando le 'vecchie' ferite. Se chiediamo a qualcuno di dirci cosa pensa dell'amore di coppia ci racconterà la sua storia perché spesso facciamo delle nostre esperienze verità assolute, rintanandoci nel vecchio e nel conosciuto. Il coraggio di amare vuol dire aprirsi al nuovo, nella scoperta della sua unicità.
Ogni giorno c'è un pezzetto di nuovo in noi e nelle persone che incontriamo. L'esercizio di oggi può essere quello di "andare oltre le paure di ieri e scoprire il nuovo di oggi!"

lunedì 29 settembre 2014

Dalla pazienza all’AntiFragilità


Il termine pazienza è definito come la “disposizione d’animo, abituale o attuale, congenita al proprio carattere o effetto di volontà e di autocontrollo, ad accettare e sopportare con tranquillità, moderazione, rassegnazione, senza reagire violentemente, il dolore, il male, i disagi, le molestie altrui, le contrarietà della vita in genere…” (treccani.it). È un atteggiamento virtuoso verso l’imprevisto. È una modalità di reazione alle situazioni complicate, che richiedono tempi lunghi di soluzione e tanta volontà intenzionale. Spesso si combina bene con la perseveranza quando si manifesta nella realizzazione di qualcosa che incontra ostacoli e limiti sulla strada di concretizzazione. La pazienza ci fa “stare” dentro le cose e le situazioni, senza creare rotture, anzi solidifica le relazioni e la persona.
Ancora un passo avanti e oltre lo possiamo fare con l’antifragilità: come il corpo umano può fortificarsi quando sottoposto a stress e tensioni, così molte vicende nella vita traggono beneficio dalla crisi o dal disordine. Nassim Taleb identifica come “antifragile” ciò che migliora con il caos o addirittura ne ha bisogno per sopravvivere. Sostiene che l’antifragile riesce a beneficiare dal turbamento, a prosperare e crescere. La vita ci dà mille occasioni per vivere l’antifragilità o per allenarla e svilupparla. Quando perdiamo il controllo (che tanto amiamo) della situazione inevitabilmente incontriamo il caos, l’incerto, il disordine, il rischio, l’avventura.
L’antifragile funziona comunque fino ad un certo punto, entro un limite di “rottura” del sistema e degli equilibri profondi per cui, Taleb dice un soggetto antifragile: “è immune da errori di previsione e protetto dagli eventi avversi”.
Pensiamo di non essere antifragili? Tutti noi possiamo iniziare ad allenarci agli antifragilità, a scoprire cosa la nostra fragilità ci dice, ad assaporare cosa l’imprevisto può insegnarci o la nuova strada che può aprirci.
È difficile? Sì, ma l’allenamento fa diventare, nel tempo, semplici le cose difficili.
Sicuramente anche oggi è un giorno buono per ‘anti…fragilitare’!!!

Visita il sito di Angela Mammana

venerdì 29 agosto 2014

Paura… Autorealizzazione… Vocazione…

Oggi sembra dominante un sentimento di sfiducia verso il futuro che genera paura e disorientamento. Lo affermavano già nel 2003 gli psichiatri francesi Benasayag e Schmit nel loro saggio "L'epoca delle passioni tristi" in cui sottolineano il cambiamento sociale di una società che aveva negli anni passati una fiducia smisurata nel futuro ad una (quella di oggi) con una diffidenza altrettanto estrema.  Questo ha provocato un forte malessere esistenziale, una difficoltà di adattamento, ma ha anche stimolato il desiderio latente di autorealizzazione.
 Sprigionare la tensione di autorealizzazione è diventato un bisogno.
“L'autorealizzazione che è fonte di inesauribile salute [...] è un processo di continua realizzazione di potenzialità, capacità, talenti, come adempimento di una missione (o richiamo, fato, destino o vocazione), come una totale conoscenza e accettazione dell'intrinseca natura della persona, come una tendenza sempre più forte verso l'unità, l'integrazione o la sinergia all'interno della persona». R. Maslow
E ancora, “Autorealizzarsi significa riprendere quell’afflato di speranza, di sogno, di visioni, che aveva caratterizzato la generazione fuoriuscita dal dopoguerra, ma affermarlo in un contesto culturale completamente diverso. Non si tratta di adattarsi alla realtà per poi autorealizzare i propri traguardi, ma al contrario si tratta di sognare, immaginare, visualizzare la nostra felicità futura, per poi affrontare la realtà cercando in essa opportunità e leve per realizzare il proprio sogno. “ L. Stanchieri
La tensione di autorealizzazione spinge la persona a lasciare un segno nel mondo, a realizzarsi e realizzare, ma allo stesso tempo nella maggior parte dei casi non dice in che modo.
Si sente questa ricerca di senso ma non si sa che direzione intraprendere, l’adattamento delle precedenti generazioni non va più bene, ma occorre capire la natura di questa spinta, verso dove porta.
La società liquida post-moderna non dà certezze alle quali aggrapparci e questa tensione interna può sfociare nella rinuncia e sfiducia verso il futuro oppure può andare verso una ricerca di felicità a volte disorientante. Entrambe queste risposte sottendono questa tensione autorealizzativa che può essere repressa oppure espressa. Per questo motivo si evince sempre di più la necessità di scoprire la propria “Vocazione” (intesa in termini laici). E’ una "chiamata" ascetica ad andare oltre sè stessi verso un progetto, un ideale, una persona, una professione, un'arte, ecc...
È una scoperta, una scelta sentimentale che si esprime in un’attività concreta, è andare verso qualcosa che ha un valore importante (per la persona) e che permette la sua espressione.
Quando ancora la natura di questa Vocazione è lontana dalla coscienza si può iniziare esplorando la concezione di felicità, quali sono le intelligenze dominanti (cosa viene facile fare), le potenzialità, ed esplorando attraverso l’esperienza un campo o più campi di attività di cui la persona si sente attratta.
È un percorso di scoperta e poi di costruzione in cui la coscienza e l’esperienza devono viaggiare creativamente e con perseveranza!   

venerdì 25 luglio 2014

Dal diario di Antonella...

Antonella racconta...
Mi sentivo…Persa, confusa, arrabbiata, perché sapevo che quella che stavo vivendo non era la vita che volevo. Non ero la persona che volevo essere o che ero sempre stata da tempo. Facevo mille cose sperando che qualcuna di queste mi indicasse la strada.
Non riuscivo a vedere nulla di positivo in tutto ciò che vivevo. Intendiamoci, pretendo molto da me e ho sempre fatto fatica ad apprezzare le piccole cose, ma una ricerca spasmodica e confusionaria ha fatto sì che perdessi di vista l’obiettivo.
Ho deciso di mettermi in gioco e partecipare a questo “allenamento alla felicità” in gruppo. Inizialmente ero curiosa, ma un pò scettica perché infondo credevo mi servisse più che altro un terapeuta. Poi, sarà stato l’enorme bisogno di tornare ad essere la persona solare che sono sempre stata o la solita voglia di perfezionismo in tutto ciò che faccio...mi sono lasciata andare ed ho partecipato ad ogni esercizio.
Oggi… questi esercizi provo a farli ancora. Dopo solo 4 incontri, quasi inconsapevolmente alleno la mia felicità, forse perché è stato troppo bello assaporarla o forse perché sono stata eliminate un po’ di “parole” negative.
Uscire da un incontro, semplice e complesso allo stesso tempo, dopo un'ora, e trovarsi a sorridere, ridere per strada pensando “..si..infondo..sono felice..” di questa cosa o di quell’altra.
Comprendere, scoprire o ricordarsi quali sono le tue competenze o i tuoi punti di forza (nel lavoro, nella vita personale) consente di guardarti allo specchio in un modo diverso. Infondo, solo noi possiamo sapere come poter stare meglio e se abbiamo scelto di vivere la vita sicuramente tutti noi volgiamo viverla bene, quindi perché non provarci?
Non è facile, la confusione, la paura, gli ostacoli pronti ad abbatterti ci sono sempre, come diceva il grande Eduardo “gli esami non finiscono mai”; l’importante è cominciare.
Per me questi 4 incontri sono stati un tentativo di ripartenza. Ovvio, c’è tanto da fare, la mia vita non è cambiata completamente, ma almeno una pagina del libro della mia vita è stata finalmente svoltata perché sicuramente ho riacquistato la splendida capacità di guardare le cose in positivo e di prendermi cura di me.
Il gruppo...come dicevo, l’idea di fare quest’esperienza in gruppo inizialmente non l’ho percepita in maniera esaltante. Non avevo voglia di fare un percorso in compagnia, avevo paura che estranei scoprissero troppe cose di me. Ero solo curiosa di sapere in quanti affrontavano un disagio come me in quel momento. Invece, ho trovato un gruppo di comici, con tanta voglia di scoprire qualcosa di nuovo su di se, pronti a dare e condividere, senza mai emettere il benché minimo giudizio (neanche attraverso il linguaggio non verbale).
Team fortunato? forse sì, o forse no!
 Infondo siamo esseri sociali.
L’apprendimento inizia fin da quando si è bambini e non possiamo prescindere da ciò per la costruzione e l’evoluzione del nostro essere. Come in questo caso …Confrontarsi e allenarsi apre la mente e aumenta le opzioni a disposizione per essere felice!

sabato 7 giugno 2014

La paura dell'errore


Quante volte ci è capitato di fermarci davanti a una situazione per paura di sbagliare? Quante volte abbiamo evitato una situazione per paura di sbagliare. Quante volte non abbiamo creato un oggetto per paura di sbagliare? Quante volte ci vediamo fermi davanti a un progetto per paura di sbagliare? Quante volte non abbiamo recuperato un rapporto con una persona per paura di sbagliare?


La paura dell'errore è silenziosa, soffusa, si attiva in modo immediato, spesso solo dopo che siamo stimolati da altri nel capire perché è avvenuto quell'arresto improvviso, quel blocco, abbiamo la consapevolezza..." avevo paura di sbagliare"! 
Spessissimo è collegata alla paura di essere giudicati dagli altri e altre volte invece incastrata dalla tensione alla perfezione.  Per esempio, spesso si continua a studiare (un parcheggio) anziché iniziare a lavorare, perché abbiamo paura di non farlo in modo perfetto, lo studio deve essere continuo, ma va integrato con l'esperienza sul campo. L' errore sembra essere diventato un fantasma che si presenta molto frequentemente. Al di là di cosa genera questa paura interiore, come possiamo superarla, come possiamo svincolarci per liberare le nostre capacità ed energie nella direzione tanto desiderata?

In questo, i ricercatori scientifici sono nostri grandi maestri, loro hanno assunto l'errore come processo di conoscenza. Non possono ricercare nulla di nuovo se non accettano la grande probabilità di poter cadere in errore. Per scovare il nuovo, devono rischiare, devono fare un passo nel buio, e anche da un errore possono scoprire una novità inattesa (pensiamo a come è stata scoperta la penicillina).

Provare a scoprire cosa uno sbaglio o un errore può insegnarci diventa una rivoluzione culturale. Cosa posso imparare?

Possiamo scoprire come da situazioni di apparente fallimento o di basso funzionamento possiamo apprendere e ideare nuove strategie di miglioramento.  La perfezione può essere sintetizzata nella capacità di fare le cose in modo eccellente e di imparare dai possibili errori. Da cosa possiamo iniziare per liberarci dal fantasma dell'errore? Come ci possiamo allenare?

Sembra una banalità, ma partiamo proprio dagli errori, nostri nuovi compagni di viaggio!
Cerchiamo di vedere negli errori che commettiamo possibilità per imparare qualcosa di inaspettato.

Un esercizio di allenamento: Scrivi in un diario ogni settimana, per 4 settimane, almeno tre errori commessi. Descrivi cosa hai imparato in quelle situazioni.

lunedì 5 maggio 2014

La felicità non è in crisi...

Perchè parlare di felicità quando ci sono tante ingiustizie sociali e tanta gente non lavora o non riesce a vivere serenamente? 
Perchè dentro questa parola possiamo trovare la spinta verso nuove soluzioni, verso progetti creativi e innovativi, verso una nuovo senso e significato.

La fatica del lavoro, o della ricerca del lavoro, o un problema familiare, o il desiderato d’amore, o il sentirsi inadeguati o qualsiasi altra situazione difficile da gestire può in alcuni casi farci sentire “schiacciati”, appesantiti, infelici.
Da questa infelicità possiamo ricominciare, ci dirà se opportunamente ascoltata cosa invece può renderci felici, possiamo adattarci a questa infelicità, oppure decidere di metterci in moto.
La felicità non è in questo caso intesa come il raggiungimento di un obbiettivo con facilità.

Non si tratta di non guardare alle difficoltà che incontriamo nei contesti in cui viviamo oppure anestetizzarsi nel presente attraverso l’uso di tutte quelle droghe che danno una gratificazione immediata ma non a lungo  termine.
 La felicità è realizzare con passione un disegno di vita unico e speciale, viaggiare verso i nostri sogni, costruire relazioni forti, realizzare un opera d’arte che sia bella anche per gli altri.
 Percorrere la “propria strada” è un’avventura meravigliosa, non perché sia immediata o semplice, ma perché permette la realizzazione piena.
Allora riscoprire cosa o chi ci rende felici può farci guardare con nuovo slancio ad una relazione importante, può orientarci verso delle scelte, verso la costruzione di un rapporto solido che va fatto crescere giorno per giorno. 

Oppure vuol dire tirar fuori un'idea originale, un lavoro che risponde a un bisogno di cui la comunità ha necessità, dall'incontro tra un offerta (prodotto o servizio) e un bisogno, nasce un prodotto che produce benessere economico e sociale.

Oppure essere protagonisti della nostra esistenza, uscire fuori dalla cameretta e dalla postazione dei videogiochi per conoscere chi sta fuori.
Oppure non fermarsi davanti alla difficoltà con un docente o davanti a una giornata "nera", ma fare le proprie scelte con coraggio.
Ricominciare, perdonare, amare, lavorare, creare....tutti verbi che possono farci riscoprire il sapore della felicità, ma la scoperta sarà doppia perché non sarà solo la mia o la tua felicità, ma la nostra!
Se hai chiaro qual è la tua  felicità e ti occorrono nuove sinergie, inizia ricercando i tuoi migliori alleati, coloro che in quello specifico ambito possono sostenerti affettivamente, con competenza, attraverso informazioni e collaborazioni.
ESERCIZIO:
Qual è l’aspetto della tua vita che vorresti migliorare?
Quali sono i tuoi migliori alleati per iniziare a fare il primo passo verso il cambiamento desiderato?


Ricorda di scrivere le tue riflessioni, le persone che vuoi contattare e di darti dei tempi …

mercoledì 9 aprile 2014

Terza e ultima sessione

Il percorso con Lei continua, ma questa sarà l’ultima sessione che vi racconto.
Il suo lavoro e il suo allenamento è fatto di dettagli che per la privacy preferisco non scrivere.
Voglio dedicare quest’ultimo scritto a Lei perché è proprio l’esempio di come le potenzialità più forti sono determinanti per la risoluzione di un problema.
Lei mi racconta con quale attenzione e ricerca ha creato il suo ultimo “prodotto”, ha faticato ma ha sperimentato anche il piacere di costruirlo. Per portarlo a termine doveva fare delle telefonate con persone di levatura culturale, scrivere dei “pezzi” e lavorare in team.
Il prodotto si è dimostrato valido e attraente, l’ha soddisfatta, alcuni colleghi hanno dimostrato grande apprezzamento e altri hanno fatto delle critiche.
 La cosa che più mi colpisce dal suo racconto è che era pronta ad accogliere anche le critiche con serenità e apertura.
 L’esercizio fatto durante le settimane sugli “errori”, ha prodotto già i primi risultati, apprende con estrema velocità.
I complimenti che le sono arrivati riguardavano in particolare la sua attenzione ai dettagli e agli approfondimenti sui contenuti del lavoro e al piacere di lavorare con lei (per il suo modo di fare molto accogliente). Le sue potenzialità: “l’amore per la bellezza e l’eccellenza” e “l’intelligenza sociale” si esprimono nella concretezza di ogni giorno.
Tuttavia, non possiamo alleggerire l’allenamento, il processo di crescita è caratterizzato da una dinamica enantiodromica, cioè dall’oscillazione tra il vecchio e il nuovo. Nel momento in cui facciamo un passo avanti c’è una tendenza a tornare indentro. Ci sono giorni in cui abbiamo vivido dentro di noi qual è la meta che vogliamo raggiungere e come raggiungerla, ma è possibile che il giorno dopo siamo paralizzati dalle paure. Anche l’oscillazione tra gli opposti va consapevolizzata e allenata, per poter proseguire in avanti e non rinunciare. Spesso sono proprio le persone con maggiori capacità, abituate ad aver subito successo nelle cose che fanno, che nel momento di difficoltà rinunciano all’impresa (non sono abituate ad allenarsi con perseveranza).
Chi decide di prendere in mano la propria vita, da una parte ha una grande carica vitale, dall’altra ha tanta paura.
Come andare avanti? Soddisfatte per questi nuovi passi, abbiamo fatto un esercizio sulla “felicità”.
Superata “l’emergenza” è il caso di giocare al rilancio e capire se questo lavoro è la sua “vocazione” e quali situazioni la rendono veramente felice. Da questo ne abbiamo tratto che in qualsiasi lavoro sceglierà di fare, dovrà sempre ritagliare particolare attenzione alle relazioni e al lavoro di gruppo. Creare relazioni soddisfacenti (in questo specifico caso) coincide con un lavoro soddisfacente.
 Abbiamo allora puntato l’attenzione sulle sue “alleanze” al lavoro, il contesto non favorisce particolarmente le relazioni, ma possiamo contare su alcune persone.
Un altro nodo cruciale è capire cosa vuol dire per Lei aumentare la sua autostima? Elemento di “felicità” da Lei individuato.
In questa settimana ragionerà e ricercherà gli indicatori (situazioni o aspetti di sé) che ci diranno “se e quando” avremo raggiunto i risultati che desidera dal percorso di coaching.
L’esercizio della settimana sarà ridurre alcuni tempi lavorativi e ricercare gli indicatori che ci diranno quando essere in dirittura d’arrivo.

L’allenamento continua …

giovedì 20 marzo 2014

Felicità ieri, oggi, sempre!

Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale della felicità istituita nel 2012 dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
L’iniziativa ha lo scopo di riconoscere il benessere e la felicità quali aspirazioni universali della persona umana e dunque obiettivi fondamentali delle politiche pubbliche.
Attraverso il Coaching Umanistico ricerchiamo la felicità nelle persone, nelle relazioni e nei contesti.
Una felicità non edonistica, ma eudaimonica, quest’ultima è molto diversa dall'idea oggi dominante di felicità come sinonimo di piacere (felicità edonica). La felicità eudaimonica è legata all’espressione delle virtù, all'autorealizzazione virtuosa.
La felicità eu-daimonica non risiede fuori di noi, nel raggiungimento delle cose del mondo (piaceri, soddisfazioni, salute, prestigio, denaro), ma nella buona riuscita di sé. Aristotele fu il primo ad introdurre il termine eudaimonia e criticò duramente l’idea di felicità intesa come semplice soddisfacimento di bisogni e desideri, andando a contrapporre “la vita piacevole con la vita buona”. 
 Il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon oggi scrive: “La felicità non è né una frivolezza né un lusso. Si tratta di un anelito profondo condiviso da tutti gli esseri umani e non dovrebbe essere negato a nessuno. Questa aspirazione è implicita nell’impegno della Carta delle Nazioni Unite per promuovere la pace, la giustizia, i diritti umani, il progresso sociale e il miglioramento degli standard di vita. Ora è il momento di trasformare questa promessa in azione concreta per sradicare la povertà, promuovere l'inclusione sociale e l'armonia interculturale, garantire il sostentamento dignitoso e proteggere l'ambiente. Queste sono le basi per la felicità umana e il benessere”. 
Felicità ieri, oggi, sempre!

giovedì 6 marzo 2014

Sessione n°2 Alleniamo l'autostima



Le sessioni con Lei continuano, sono trascorse due settimane.
Mi racconta cosa ha vissuto al lavoro, viaggia da una sfida all’altra e porta con sè soddisfatta le sue vittorie, ma anche le sue difficoltà!
Il rapporto con i colleghi è complesso: dinamiche di potere, idee diverse, competizione... Nel frattempo bisogna arrivare all’obbiettivo lavorativo:  un “prodotto” giusto, convincente e attraente.
Mi racconta la fatica di fare alcune telefonate di lavoro importanti, spesso le posticipa, ma poi si focalizza e allena le sue nuove potenzialità “il coraggio e la perseveranza”. Le descrive come due forze che percepisce quasi esterne a lei, ma ogni volta che le “guarda” e le fa diventare dei “poteri” diventano un po’ più sue.
Sembra che lo stato d’ansia si sia abbassato notevolmente, sta diventando gestibile, sta lavorando molto bene sulla gestione delle emozioni, l’introspezione velocizza molto il processo.
Al lavoro vorrebbe essere più assertiva, vorrebbe far uscire il suo “carattere”, dare il meglio che può, ci prova ma in alcune circostanze sente un freno dettato da quella che abbiamo definito una “bassa autostima”.
Il suo obbiettivo sembra spostarsi dalla gestione del lavoro all’autostima, ma in realtà in questo momento le due cose viaggiano insieme. Non possiamo rafforzare l’autostima se non ne consegue un reale cambiamento nelle relazioni lavorative, se non osserva il cambiamento desiderato fuori e dentro sé.
Adesso che le energie psicofisiche sono recuperate, le chiedo se quello che sta facendo è il suo lavoro “desiderato”, se l’amore verso il suo settore l’ha spinta a questa professione … o se ha un altro lavoro da “sogno”.
La risposta è stata dubbiosa, forse c’è un’altra attività che le suscita interesse, ma non è sicura.
Nasce così il racconto di quando ha intrapreso questa strada professionale, mi racconta l’emozione che ha provato entrando per la prima volta in quel luogo, la scelta dello studio, lo stage, e poi l’inizio del lavoro.
Ecco sento vibrare qualcosa, in origine c’era una vera passione per il suo lavoro, adesso è in parte schiacciata da una serie di esperienze negative sperimentate in questi anni. Lei ha fatto per anni un allenamento negativo: realizzava un lavoro e veniva spesso screditata dal suo responsabile. Lei  vedeva il frutto del suo lavoro, ma non ne aveva mai un riconoscimento (le cause di queste sconferme spesso erano dovute a questioni personali e non professionali).
Ciò ha determinato che era meglio tacere piuttosto che intervenire, ha creato tutta una serie di insicurezze che oggi vuole espressamente superare.
È bellissimo sentire la sua determinazione in questo, ciò non è assolutamente egoistico, in quanto nel dare il meglio di sé vuole costruire relazioni migliori, un “prodotto” lavorativo più bello, vuole essere più serena in famiglia. La ricerca di una felicità autentica di senso e significato guarda sempre al bene comune.
Lei ha individuato il suo programma lavorativo per la settimana, ma va via anche con due esercizi:
1.     1. Apprendere dall’errore: ogni volta che la paura dell’errore prende il sopravvento deve fermarsi e ragionare su cosa impara da quella situazione;
2. definire quali sono le caratteristiche principali del suo profilo professionale e qual è il valore aggiunto che può apportare.
Il primo esercizio allena l’apprendimento anche in situazioni critiche, scoprire ciò che l’errore insegna è una rivoluzione che avvia un processo d’eccellenza. Inoltre, è fondamentale per la crescita nel lavoro e per una sana autostima. Il secondo esercizio servirà a focalizzarci sulla professione, a capire se è viva la passione verso la sua attività. L’amore verso ciò che facciamo è la motivazione più grande che ci fa andare oltre noi stessi e i nostri limiti.
Buon allenamento!

giovedì 13 febbraio 2014

Sessione di Coaching

Lei è una persona molto accogliente, è elegante e dà colore a ciò che dice, si coglie fin da subito una buona intelligenza sociale, è empatica e comunicativa.
La nostra alleanza di lavoro è immediata. Ha un modo di parlare che ti rapisce. Quando inizia a raccontare del motivo per cui ha deciso di fare coaching le parole scorrono come un fiume, la sua settimana è impegnativa: tra famiglia e lavoro.

Quest’ultimo è l'argomento dolente, il focus delle nostre sessioni è il lavoro, l'ambito in cui Lei percepisce di aver perso il governo.
La sua condizione lavorativa da sempre complessa sta cambiando (racconta la difficoltà di collaborare in passato con un collega che la svalutava seppur raggiungendo dei risultati). Adesso, le stanno chiedendo di svolgere nuovi compiti e collaborare con nuove persone, questa condizione le ha scatenato una forte ansia.
L'ansia per certi versi è funzionale all'attivazione, è necessaria per orientarsi ad una situazione problematica, ma allo stesso tempo eccessiva e immobilizzante.
Da ciò che dice e da come lo dice emerge la potenzialità dell'amore per la bellezza e l'eccellenza che la porta a guardare sempre 'al meglio' e al 'bello' . Tuttavia questa tendenza a volte si è trasformata in ricerca della perfezione. Abbiamo dunque riflettuto sul perfezionismo che porta all'insoddisfazione perenne, perché non si accetta l'errore nel processo di crescita, perché deve essere subito 'perfetto'. Questo è paradossalmente in contro senso con l'eccellenza perché per raggiungerla bisogna allenarsi per tante ore in una determinata attività. L'esercizio costante può portarci verso il perfettibile e l'eccellente.
Lei è anche una curiosa, va alla ricerca della conoscenza e mi racconta che in questo periodo sente di non farlo abbastanza. È integra, vuole essere sempre coerente, ed è fortemente orientata a una felicità relazionale, le piace condividere, costruire rapporti profondi.
Quest' ultimo aspetto è carente nell'ambiente lavorativo, dopo anni di collaborazione, sente di non aver costruito relazioni importanti e alleanze lavorative.
Siamo nel momento critico! Lei deve fare delle cose e non si sente competente, vorrebbe non deludere le aspettative dei suoi dirigenti e più lo desidera, più l'ansia e i pensieri catastrofici si scatenano.
Il piano della settimana è di orientarsi sul “compito lavorativo”, micro azioni concrete (abbiamo fatto un piano d'azione) con dei tempi. Lo spostamento dell'attenzione dalla sua autovalutazione (“lo saprò fare?”), al prodotto da realizzare è fondamentale per lavorare sulle sue competenze. L'allenamento è pianificato tenendo conto della sua salute fisica e della sua famiglia. Abbiamo pensato a dei momenti in cui potersi rilassare e rigenerarsi, il recupero fa parte dell'allenamento. Nel suo lavoro è fondamentale saper ascoltare e negoziare, costruire un prodotto 'bello e attraente'. Abbiamo tre grandi poteri a servizio della sua competenza, fortemente affini al settore in cui lavora: l'amore per la bellezza e l'eccellenza, l'intelligenza sociale e la curiosità.
La prossima settimana vedremo com'è andato l'allenamento. Com'è andata la costruzione del prodotto? Come si è sentita? Quanto sono cresciute le competenze e le consapevolezze? Sta viaggiando verso la costruzione di un lavoro migliore che la rende felice o desidera cambiarlo?
Alla prossima sessione!

giovedì 30 gennaio 2014

Flow

Ci sono delle attività lavorative o che svolgi nel tempo libero che ami fare?
Hai mai perso la percezione del tempo e dello spazio durante la lettura di un libro? Oppure giocando ad un videogioco, oppure scrivendo un articolo o ancora durante un colloquio di lavoro?
Ci sarebbero infiniti esempi. Se la risposta è sì, quella che hai individuato potrebbe essere il tuo stato di Flow o la tua esperienza ottimale.
Il flow rappresenta lo stato di funzionamento ottimale, caratterizzato dal coinvolgimento in un’attività che si svolge in modo continuativo, e che si tiene agilmente sotto controllo, nonostante l’impegno richiesto. Lo stato di flow è descritto come piacevole e caratterizzato dal sentirsi sollecitati in modo ottimale (poiché la persona sa cosa fare, senza riflettervi a lungo), dalla percezione del decorso dell’attività come continuativo (poiché un passo confluisce in modo fluido in quello successivo), dalla concentrazione spontanea, come la respirazione, che consente di sentirsi in una sorta di fusione tra sé e l’attività in cui si è totalmente immersi.
Csikszentmihalyi identifica come componenti di una esperienza di flow i seguenti punti:
Obiettivi chiari: le aspettative e le modalità di raggiungimento sono chiare.
Concentrazione totale sul compito: un alto grado di concentrazione in un limitato campo di attenzione (la persona non ragiona su passato e futuro ma solo sul presente).
Perdita dell’autoconsapevolezza: il soggetto è talmente assorto nell'attività da non preoccuparsi del suo ego.
Distorsione del senso del tempo: si altera la percezione del tempo. Non si rende conto del suo scorrere.
Retroazione diretta e inequivocabile: l'effetto dell'azione deve essere percepibile dal soggetto immediatamente ed in modo chiaro.
Bilanciamento tra sfida e capacità: l'attività non è né troppo facile né troppo difficile per il soggetto.
Senso di controllo: la percezione di avere tutto sotto controllo e di poter dominare la situazione.
Piacere intrinseco: l’azione dà un piacere intrinseco, fine a se stesso. Integrazione tra azione e consapevolezza: la concentrazione e l'impegno sono massimi. La persona è talmente assorta nell'azione da fare apparire l'azione naturale.
Non è necessario che siano tutte presenti per sperimentare il flow, ma tutte ne caratterizzano l’esperienza.
Individuarlo può aiutare un giovane nella ricerca delle sue attitudini e delle sue capacità per orientare il  percorso di studi o professionale. Per un adulto nel definire gli spazi in cui rigenerarsi e gratificarsi o in cui indirizzare un cambiamento professionale.
Il Flow è il giusto bilanciamento tra compito sfidante e competenze dell’individuo. Quando abbiamo basse competenze e il compito risulta troppo difficile si attiva uno stato d’ansia al contrario quando il compito è troppo facile per le nostre competenze l’esperienza risulta noiosa.
L’esperienza ottimale è, dunque, generata dall’equilibrio tra la sfida e la competenza posseduta dalla persona.

Prova a scoprire il tuo stato di FLOW:
In quale situazione o durante quale attività ti senti particolarmente concentrato e appagato?
·        Quali sono i compiti in cui raggiungi massimi risultati e perché?
·        Cosa ti piace fare?
·        In quale momento senti che il tuo livello d’attivazione è ottimale?