Parliamo di Coaching...

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venerdì 23 agosto 2013

Ma chi te lo fa fare?

Quando sentiamo la fatica nel buttarci in una nuova situazione, quando pensiamo che quello che stanno dicendo è lontanissimo dalla nostra cultura, quando una vocina ci dice "ma chi te lo fa fare?" è possibile che ci stiamo arenando nella nostra zona di comfort. 
Cos'è la zona di comfort?
L'area che contiene tutte le abitudini, i comportamenti quotidiani, i modi di pensare,  le situazioni e le persone che fanno parte della quotidianità. Il conosciuto è rassicurante, ci fa stare a nostro agio, non richiede alcuno sforzo. Il vecchio detto Siciliano, ”megghiu u tintu canusciutu ca u bonu a canusciri” (meglio il cattivo conosciuto che il buono da conoscere), è la convinzione che incita alla conservazione e non all’esplorazione della novità. Tuttavia anche quando ci troviamo davanti a una situazione che non apprezziamo particolarmente, ma che ci tranquillizza e ci rassicura, siamo molto restii a cambiarla.
Allargare o andare oltre la zona di comfort vuol dire andare a esplorare qualcosa di nuovo e sconosciuto.
Quando chiedo ai coachee qual è la strada che percorri da casa a lavoro, immediatamente tutti rispondono con disinvoltura ricordando perfettamente il percorso e ammettono di farlo in automatico pensando ad altro o addirittura facendo altro. Se invece dobbiamo andare in una città sconosciuta, diventa un problema, dobbiamo pensarci, documentarci, valutare e sperimentare prima di conoscere il  percorso.
Quante volte l’idea o la proposta di una “novità” ci blocca perché non rientra nella “calda” e “accogliente” zona di comfort?
Penso a M. che desiderava tanto avere delle relazioni migliori a socializzare di più, ma si sentiva bloccato, mentre correva nel parco non riusciva a salutare un conoscente che frequentava la stessa università, esercizio dopo esercizio, M. è riuscito a rompere con la sua timidezza e aprire dei dialoghi con chiunque incontrasse.
Penso a un gruppo di lavoro incastrato in un metodo di lavoro disorganizzato e con obbiettivi non condivisi, che per pigrizia non si è fermato a pensare nuove strategie….
Penso alla paura di L. di costruirsi un sito e di esporre la propria professionalità…
Penso a O. che quest’anno si è dedicata del tempo per riposare e a più di cinquant’anni è andata in vacanza per la prima volta.
E ancora… cambiare casa, cambiare lavoro, cambiare città, sono degli esempi di situazioni che ci richiedono un’apertura della nostra zona di comfort, di avanzare nella scoperta.
All'interno di essa ci sentiamo confermati nel nostro modo di essere e nelle aspettative che gli altri hanno su di noi. Seppur ci adagiamo in un apparente benessere, a lungo termine questa staticità non permette di crescere. Le abitudini cognitive, emotive e relazionali, non danno spazio all'apprendimento, all'apertura al nuovo, all'incerto, al possibile!
L’esposizione a situazioni nuove, persone nuove, culture diverse dalle nostre ci crea inizialmente incertezza, frustrazione e insicurezza, perchè lo sconosciuto spaventa. Superare quel momento di “stress” (positivo), resistere, saper stare dentro il “nuovo”, porterà dei benefici inestimabili.
Per far sì che lo stress causato dall’uscita dalla zona di comfort non sia elevato da farci rinunciare ad una occasione di crescita, occorre calibrare una uscita progressiva ed esporsi gradualmente a ciò che ci attrae, ma è nuovo, che ci affascina, ma ci spaventa, che ci stimola, ma pare irraggiungibile.

Crescere significa mettersi in gioco e andare oltre sé!