Parliamo di Coaching...

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giovedì 20 marzo 2014

Felicità ieri, oggi, sempre!

Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale della felicità istituita nel 2012 dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
L’iniziativa ha lo scopo di riconoscere il benessere e la felicità quali aspirazioni universali della persona umana e dunque obiettivi fondamentali delle politiche pubbliche.
Attraverso il Coaching Umanistico ricerchiamo la felicità nelle persone, nelle relazioni e nei contesti.
Una felicità non edonistica, ma eudaimonica, quest’ultima è molto diversa dall'idea oggi dominante di felicità come sinonimo di piacere (felicità edonica). La felicità eudaimonica è legata all’espressione delle virtù, all'autorealizzazione virtuosa.
La felicità eu-daimonica non risiede fuori di noi, nel raggiungimento delle cose del mondo (piaceri, soddisfazioni, salute, prestigio, denaro), ma nella buona riuscita di sé. Aristotele fu il primo ad introdurre il termine eudaimonia e criticò duramente l’idea di felicità intesa come semplice soddisfacimento di bisogni e desideri, andando a contrapporre “la vita piacevole con la vita buona”. 
 Il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon oggi scrive: “La felicità non è né una frivolezza né un lusso. Si tratta di un anelito profondo condiviso da tutti gli esseri umani e non dovrebbe essere negato a nessuno. Questa aspirazione è implicita nell’impegno della Carta delle Nazioni Unite per promuovere la pace, la giustizia, i diritti umani, il progresso sociale e il miglioramento degli standard di vita. Ora è il momento di trasformare questa promessa in azione concreta per sradicare la povertà, promuovere l'inclusione sociale e l'armonia interculturale, garantire il sostentamento dignitoso e proteggere l'ambiente. Queste sono le basi per la felicità umana e il benessere”. 
Felicità ieri, oggi, sempre!

giovedì 6 marzo 2014

Sessione n°2 Alleniamo l'autostima



Le sessioni con Lei continuano, sono trascorse due settimane.
Mi racconta cosa ha vissuto al lavoro, viaggia da una sfida all’altra e porta con sè soddisfatta le sue vittorie, ma anche le sue difficoltà!
Il rapporto con i colleghi è complesso: dinamiche di potere, idee diverse, competizione... Nel frattempo bisogna arrivare all’obbiettivo lavorativo:  un “prodotto” giusto, convincente e attraente.
Mi racconta la fatica di fare alcune telefonate di lavoro importanti, spesso le posticipa, ma poi si focalizza e allena le sue nuove potenzialità “il coraggio e la perseveranza”. Le descrive come due forze che percepisce quasi esterne a lei, ma ogni volta che le “guarda” e le fa diventare dei “poteri” diventano un po’ più sue.
Sembra che lo stato d’ansia si sia abbassato notevolmente, sta diventando gestibile, sta lavorando molto bene sulla gestione delle emozioni, l’introspezione velocizza molto il processo.
Al lavoro vorrebbe essere più assertiva, vorrebbe far uscire il suo “carattere”, dare il meglio che può, ci prova ma in alcune circostanze sente un freno dettato da quella che abbiamo definito una “bassa autostima”.
Il suo obbiettivo sembra spostarsi dalla gestione del lavoro all’autostima, ma in realtà in questo momento le due cose viaggiano insieme. Non possiamo rafforzare l’autostima se non ne consegue un reale cambiamento nelle relazioni lavorative, se non osserva il cambiamento desiderato fuori e dentro sé.
Adesso che le energie psicofisiche sono recuperate, le chiedo se quello che sta facendo è il suo lavoro “desiderato”, se l’amore verso il suo settore l’ha spinta a questa professione … o se ha un altro lavoro da “sogno”.
La risposta è stata dubbiosa, forse c’è un’altra attività che le suscita interesse, ma non è sicura.
Nasce così il racconto di quando ha intrapreso questa strada professionale, mi racconta l’emozione che ha provato entrando per la prima volta in quel luogo, la scelta dello studio, lo stage, e poi l’inizio del lavoro.
Ecco sento vibrare qualcosa, in origine c’era una vera passione per il suo lavoro, adesso è in parte schiacciata da una serie di esperienze negative sperimentate in questi anni. Lei ha fatto per anni un allenamento negativo: realizzava un lavoro e veniva spesso screditata dal suo responsabile. Lei  vedeva il frutto del suo lavoro, ma non ne aveva mai un riconoscimento (le cause di queste sconferme spesso erano dovute a questioni personali e non professionali).
Ciò ha determinato che era meglio tacere piuttosto che intervenire, ha creato tutta una serie di insicurezze che oggi vuole espressamente superare.
È bellissimo sentire la sua determinazione in questo, ciò non è assolutamente egoistico, in quanto nel dare il meglio di sé vuole costruire relazioni migliori, un “prodotto” lavorativo più bello, vuole essere più serena in famiglia. La ricerca di una felicità autentica di senso e significato guarda sempre al bene comune.
Lei ha individuato il suo programma lavorativo per la settimana, ma va via anche con due esercizi:
1.     1. Apprendere dall’errore: ogni volta che la paura dell’errore prende il sopravvento deve fermarsi e ragionare su cosa impara da quella situazione;
2. definire quali sono le caratteristiche principali del suo profilo professionale e qual è il valore aggiunto che può apportare.
Il primo esercizio allena l’apprendimento anche in situazioni critiche, scoprire ciò che l’errore insegna è una rivoluzione che avvia un processo d’eccellenza. Inoltre, è fondamentale per la crescita nel lavoro e per una sana autostima. Il secondo esercizio servirà a focalizzarci sulla professione, a capire se è viva la passione verso la sua attività. L’amore verso ciò che facciamo è la motivazione più grande che ci fa andare oltre noi stessi e i nostri limiti.
Buon allenamento!