Parliamo di Coaching...

Parliamo di Coaching...

martedì 24 dicembre 2013

Natale, Amore in arrivo!

La festa del Natale ci concentra attorno a un meraviglioso mistero d’amore, per chi è credente è fonte di gioia, si sente il sussulto dell’Amore che nasce, talvolta anche per chi non crede in Gesù le festività natalizie sono piacevoli occasioni di condivisione. Qualcuno non apprezza tutta questa festa, ma proprio là dove c’è rifiuto, c’è profondo desiderio di rinascita, c’è profondo desiderio d’amore che attende di esprimersi, di donare e di essere amato. Secondo la psicologia del potenziale umano “la virtù dell’amore è la facoltà umana di conoscere, scoprire e perseguire il sommo bene dell’altro da sé”; amare ed essere amati è una delle condizioni più alte e forti di felicità! La felicità in questo caso è intesa in termini eudaimonici. L’eudaimonia è una felicità che è legata ai processi di autorealizzazione personali, relazionali e collettivi. Implica un processo di interazione e mutua influenza tra benessere personale e benessere collettivo, tale per cui la felicità personale si realizza nello spazio collettivo. Uno dei tre campi di sviluppo dell’autorealizzazione umana secondo gli studi di Deci e Rayan è la “relazionalità”: le relazioni affettive. Il desiderio di relazioni sociali è vitale per l’uomo, fonte di tristezza quando vengono a mancare. 
Luca Stanchieri dice: “L’amore è la virtù relazionale per eccellenza. Chi conosce l’amore ha un insieme di poteri costruttivi che possono rendere la vita degli altri migliore e la propria vita eccezionale. Come facoltà individuale, si caratterizza in primo luogo per il suo disinteresse. Chi lo prova mostra gentilezza anche quando non è ricambiata, è generoso senza pretendere da altri generosità, è altruista anche quando non ne ricava beneficio. Come processo inter-relazionale, crea una dimensione essenziale alla vita umana”. Talvolta per tutta una serie di esperienze dolorose questa capacità o virtù può essere messa in discussione, alle volte è possibile che si debba combinare anche alla potenzialità del “perdono” che consiste nella possibilità di andare oltre l’incidente o il conflitto, attivando un processo di ricostruzione del rapporto e di risanamento della ferita subita. Il perdono non si può limitare ad un semplice superamento interiore, ma è un processo di elaborazione e ricostruzione della relazione. Attraverso il perdono può emergere la virtù più pura dell’amore! Felicità e Amore sono termini scontati o elementi profondissimi che caratterizzano la natura umana? La ricerca d’essi è continua, come è continuo il loro movimento e rinnovamento, la ricerca della felicità e delle relazioni affettive richiedono periodicamente una dose di fiducia in se stessi e negli altri. 
ESERCIZIO:
 Prova ad elaborare cosa è per te la felicità? 
 Da cosa è caratterizzata la tua felicità relazionale?
Visualizza la situazione che la rappresenta. Questa situazione può essere concreta, sociale, individuale, o astratta. Se astratta puoi dipingerla e poi descrivila in modo che un bambino possa comprenderla. 
Poi, definisci le persone a cui desideri far sentire il tuo amore in modo particolare o con cui desideri ricostruire un rapporto, procedi con un piccolo gesto semplice e disinteressato. Buon Allenamento! 

A te che ami… a te che non riesci ad amare… a te che vuoi metterti in gioco… 
 a te che ricerchi la felicità… 
 BUON NATALE!


martedì 26 novembre 2013

Mondo TEEN



Smarrimento, disorientamento, paura, rabbia, sperimentazione, creatività, stupore, gioia, amore …

Infinite le sfumature emotive e le esperienze che si sperimentano nelle famiglie quando esplode la fase “TEEN”. Un nuovo mondo si apre in modo quasi inaspettato (l’adolescenza è arrivata!), oggi inizia intorno agli 11 anni e termina intorno ai 25 anni, in alcuni casi si protrae anche nella fase del “giovane adulto”.  Nella vita di ogni uomo e di ogni donna, l'adolescenza è una fase di transizione molto delicata caratterizzata dalla ricerca dell’autonomia psicologica e dalla definizione della propria identità; è una tappa evolutiva che porta delle ristrutturazioni, quindi, costellata da tensioni e squilibri, incertezze e confusioni. L’adolescente è impegnato in un difficile processo di ridefinizione di sé, in cui si alternano, spesso, con manifestazioni estremistiche, orientamenti e contenuti affettivi infantili e adulti. Una giorno un ragazzo di 13 anni mi disse: “beh sono un adolescente”, quasi giustificando e giustificandosi, aveva capito che si era attivato un uragano, ma era già consapevole di starci e volerci stare dentro. Oggi più che mai, l’adolescenza risulta essere una fase di cambiamento disorientante per il piccolo-grande adolescente e per tutta la famiglia che lo circonda. Il nostro “Teen” dovrà cercare di sentirsi a proprio agio in un corpo che cambia rapidamente, stabilire un nuovo ruolo in famiglia ed essere accettato positivamente dai pari, definire la propria identità, individuare un progetto di vita. Sarà alle prese con sfide enormi, tutto da ricostruire, le scelte sono personali, le basi del progetto futuro vengono messe dall’adolescente e dalla famiglia che lo supporta. Grandi responsabilità per il ragazzo e per i genitori che si ritrovano a percorrere strade tortuose: basso rendimento scolastico (causa dei maggiori conflitti in famiglia), eccessivo uso di videogiochi e internet, perdita dell’autorità genitoriale, uso di sostanze, ecc...

 L’approccio innovativo del “teen coaching” è lo sguardo alla complessità adolescenziale e al disagio che in tal caso si manifesta, come a una particolare e specifica  fase di vita in cui poter allenare le potenzialità nascenti, individuare quali intelligenze e attitudini possono essere per il ragazzo leve efficaci per la costruzione del progetto di vita. Si possono sviluppare nuove competenze in contesti specifici, attività e relazioni che gratificano la persona, che possano portarla passo dopo passo verso la sua piena realizzazione.

A questa grande sfida è fondamentale la partecipazione dei genitori, che alimentati dall’amore incondizionato verso i figli, possano allenare le proprie potenzialità come genitori e di conseguenza anche quelle dei propri figli, al fine non solo di superare il “terremoto” psicofisico e relazionale del figlio e della famiglia intera, ma viaggiare in modo complessivo verso la felicità. Il percorso sicuramente è articolato, ma assolutamente creativo e soddisfacente dove ciascuno ritrova la propria identità e le relazioni sono nuove e arricchenti. Quindi dove potrà portarci l’amore verso i nostri figli? Quale meraviglioso scenario può aprire scoprire la “vocazione “ di un adolescente?  

mercoledì 6 novembre 2013

Creatività: una realtà che prima non era neppure immaginata!



Un’intuizione inedita … una combinazione di elementi antichi e nuovi … una realtà che prima non era neppure immaginata … stupore davanti a qualcosa che prende forma davanti ai nostri occhi …
È la Creatività!
 “La facoltà umana di produrre nuove idee” così viene definita dalla psicologia positiva.
La creatività è annoverata tra le 24 potenzialità umane, l’Organizzazione Mondiale della Sanità la individua tra le life skills che tutti gli adolescenti dovrebbero sviluppare durante il percorso scolastico.
La creatività è un’attitudine, una capacità, un’energia che quando si sprigiona gratifica chi la esprime e chi ne trae beneficio. Viene anche definital'arte o la capacità cognitiva della mente di creare e inventare”, il termine si presta a numerose interpretazioni.
Il processo creativo ha in se tre fasi: la prima fase è esplorativa in cui avviene l'origine dell'idea creativa che nasce dalla volontà, dalla necessità di creare; la seconda fase è elaborativa in cui avviene la lavorazione dell'idea, in questa fase il pensiero è dinamico e sorprendente; la terza fase è di realizzazione, in cui il valore dell'idea si concretizza nel suo uso. Soprattutto durante la fase di realizzazione emergono dubbi, incertezze, ma anche gioia per la sua attuazione.
La persona creativa percepisce legami tra le cose, anche se apparentemente difficili o lontani.  Nel processo creativo si utilizza la plasticità del cervello per rispondere alla complessità degli eventi, mettendo in funzione le molteplici ed articolate funzioni intellettive di cui la persona é dotata geneticamente.


La creatività riveste un ruolo centrale anche nel problem solving, lo psicologo Edward De Bono esponente del pensiero creativo, definisce il pensiero razionale “verticale” e quello innovativo (creativo) “laterale”. Il pensiero laterale favorisce l’intuito e le soluzioni che sembrano chiuse o difficili e fa vedere il problema come possibilità di miglioramento. Lo stato dell’arte ci dice che le caratteristiche di una persona creativa sono il coraggio, la passione, la curiosità intellettuale, la libertà di pensiero, il desiderio di cambiamento, la fiducia nelle proprie capacità, ecc...
Leonardo Da Vinci è un eccezionale creativo, ma anche una mamma che crea le condizioni ottimali per il benessere del figlio può essere una creativa. La creatività non è esclusivamente associata a capacità artistiche o tecnologiche o a pochi talentuosi, ma è applicabile a tutti i campi e a tutte le situazioni. Il livello di eccellenza frutto dell’idea creativa è proporzionale a quanto l’idea creativa è legata a un talento specifico che va coltivato e sviluppato, ma la creatività è una potenzialità umana posseduta da tutti gli esseri umani.
Sprigionarla è possibile!
 Esercizio:
Da 1 a 10 quanto ti percepisci creativo? 
Quanto vorresti esserlo?
Quanto e quando ti piace produrre idee nuove per fare le cose?
Quanto e quando usi l’immaginazione per risolvere i problemi pratici?
In quale campo della vita vorresti far esplodere la tua creatività?
Cosa puoi fare per iniziare da oggi ad allenare la tua creatività?

domenica 20 ottobre 2013

Direzione felicità

Orientarsi a un campo determinato della cultura, a cui dedicarsi, al quale formarsi o sviluppare la propria professione è un obbiettivo sfidante e spesso di difficile definizione. Ancor di più in età adolescenziale o tra i giovani adulti risulta complesso e disorientante.
Cosa si può fare attraverso il Coaching? Come possono recuperare il loro progetto di vita e di futuro?

Attraverso la metodologia del “teen coaching” il giovane sviluppa un piano di allenamento complesso e mirato alla sua persona. Il nuovo progetto deriva da una preziosa e elaborata combinazione tra la concezione di “felicità” intesa in termini “eudaimonici” (eudaimonia=felicità nella concezione socratica), l’unicità della persona, le “intelligenze multiple” e le potenzialità.
In particolare mi soffermo brevemente su uno di questi elementi: le “intelligenze multiple”. Il primo a parlarne è stato lo psicologo Howard Gardner in "Frames of mind" (1983). Il punto di partenza della sua teoria è la convinzione che sia errato ritenere che ci sia qualcosa chiamata “intelligenza” che possa essere obiettivamente misurata e ricondotta ad una singola misurazione. Ogni persona è dotata di almeno sette intelligenze: linguistica, musicale, logico matematica, spaziale, corporeo-cinestetica, interpersonale e intrapersonale. Alcune persone possiedono livelli molto alti in tutte o quasi tutte le intelligenze, mentre altri ne hanno sviluppato in modo predominante alcune. Si possono sviluppare tutte le diverse intelligenze fino a raggiungere soddisfacenti livelli di competenza. Gardner sostiene che tutti possiamo svilupparle se siamo messi nelle condizioni appropriate di incoraggiamento, arricchimento e istruzione.
Facciamo un esempio:  Ambra ha 18 anni, ha una passione eccezionale per il mare e il surf, la sua concezione di “felicità” è relativa al “essere”. La felicità dell'essere si esprime come amore per la propria esistenza percepita come presenza e gioia di essere sé stessi nella vita. Nel fare surf sperimenta il luogo e il tempo dove esprimerla, gli piace perdersi tra le onde, “stare in acqua”, è una condizione che la fa stare bene con se stessa. Le intelligenze che ha maggiormente sviluppato sono quella corporeo-cinestetica, intrapersonale e interpersonale. Le sue potenzialità più forti sono la gentilezza, l’umorismo, la vitalità e l’integrità.
Ambra deve capire che direzione prendere, cosa fare, che studi avviare e nel frattempo fugge da tutto questo. Se l’obbiettivo fosse chiaro e desiderato non fuggirebbe!
Ambra deve valutare attivamente tutti i percorsi formativi e/o lavorativi affini al suo profilo, sperimentando e facendo, ma soprattutto viaggiando nella direzione della sua felicità, delle sue intelligenze e delle sue potenzialità.
La professione potrebbe rientrare nel mondo del “surf”...Ha buone capacità relazionali questo la faciliterebbe nei lavori in cui si sta a contatto con le persone… L’umorismo e l’ amore per la vita possono essere una leva per superare le sue paure…L’integrità fa sì che il progetto formativo e/o professionale deve essere in linea con la sua personalità, l’incoerenza tra l’essere e il fare determinerebbe una grande frustrazione.

 Maslow dice: “Le persone intelligenti dovranno usare la propria intelligenza, le persone dotate di occhi dovranno impiegarli, le persone dotate di capacità di amare avranno l’impulso di amare e la necessità di amare per sentirsi sane. Le attitudini pretendono di essere sfruttate e cessano di protestare soltanto quando vengono adoperate in misura sufficiente. Vale a dire, le capacità sono bisogni, e pertanto sono pure valori intrinseci”.
La “protesta” delle potenzialità e delle capacità inespresse non può farci fuggire, dobbiamo rispondere con i fatti!

venerdì 27 settembre 2013

A e A: Allenamento in Adolescenza

Cosa vuol dire allenare e soprattutto cosa si può allenare in adolescenza?

Per comprendere il termine allenamento ci serviamo della definizione sportiva: “l'insieme delle procedure effettuate per migliorare la prestazione sportiva.” Quando una pallavolista si allena esercita la tecnica, ripete dei movimenti per far sì che diventino naturali e precisi, rinforza la muscolatura, esperisce emotivamente una determinata situazione che si può presentare in partita, ecc…
Allo stesso modo può avvenire l’allenamento intenzionale per lo sviluppo di altri tipi di talento, potenzialità o competenze anche al di fuori dello sport.
In particolar modo, nel periodo dell'adolescenza, l'allenamento intenzionale svolge una funzione importantissima. L’adolescenza si presenta come un periodo di forti cambiamenti psicofisici, in cui si sviluppa la personalità, una fase di grandi sfide. L’adolescente è impegnato in un difficile processo di ridefinizione del proprio sé, in cui si alternano manifestazioni estremistiche, orientamenti e contenuti affettivi  vecchi e nuovi.
Vi è un grande bisogno di “libertà” e autonomia, ma anche di educatori, genitori, maestri, solidi e virtuosi.
Un’adolescente, nella maggior parte dei casi, non ha chiaro cosa vuole allenare, quali talenti possiede, quali competenze vuole sviluppare, cosa vuole diventare. Osserviamo nei ragazzi, quasi sempre, l’assenza di un sogno e di un progetto futuro, quindi, prima di avviare un allenamento è fondamentale capire cosa si può e si vuole allenare. È necessario individuare la vocazione del ragazzo, ricercare tutte quelle sfumature che fanno l'individuo unico e irripetibile.

Il viaggio di scoperta attraversa i sistemi simbolici che vengono prediletti (cioè i contesti caratterizzati da un determinato tipo di cultura come per esempio la scuola, la squadra, ecc…); le intelligenze multiple (Gardner) come per esempio quella linguistica, logico-matematica, spaziale, personale e corporeo-cinestetica, i talentile potenzialità, la motivazione intrinseca.
Ciascuno di questi elementi nasconde un mondo da esplorare e da scoprire e poi da mettere in azione nella concretezza. Il fare, l'agire volontario, la ripetizione, gli esercizi in virtù di una scelta costituiscono un vero e proprio allenamento.
Per esempio, si può allenare: l'apprendimento attraverso uno studio mirato, un talento musicale in modo eccellente con esercizi  e tempi di lavoro, la “vitalità” sperimentando un nuovo sport affascinante,  l’autonomia attraverso nuove esperienze specifiche, ecc …
L’allenamento è l’azione che deriva dal talento e dalla scelta di volerlo sviluppare!



mercoledì 11 settembre 2013

NON lasciate ogni speranza o voi…

Siamo investiti da una nube grigia, da un pessimismo e spesso non ne siamo neanche consapevoli? Attribuiamo a persone o cose esterne la sfiducia verso il futuro?
Oppure, siamo capaci di tirar fuori la “Speranza”? Stiamo lottando per far emergere il bene e il buono in noi e nei contesti in cui viviamo?
La speranza è una virtù, una potenzialità, una ricchezza di inestimabile valore per la nostra vita.
La progettualità, l’approccio cognitivo ed emotivo alle cose che accadono è fortemente influenzato da essa. Se in questo momento ci accorgiamo di averla schiacciata o che probabilmente la conoscevamo prima di questa nube grigia, è il momento di riappropriarcene.
Papa Francesco durante la GMG ha esortato i giovani: “ non lasciatevi rubare la speranza” , ma la speranza non è di pochi eletti o dei giovani, la speranza è di tutti!
Speranza, che deriva dal latino “spes”, è il sentimento di fiduciosa attesa rispetto al futuro, che si realizzi qualcosa che si desidera.
Giovanni Paolo II diceva: “Non c'è speranza senza paura e paura senza speranza”, infatti, nel momento in cui desideriamo qualcosa, la paura che non si realizzi, che non sia possibile, si scatena automaticamente e vi è il rischio che la paura ci schiacci, che le nostre emozioni prendano il sopravvento. Proprio in queste occasioni è il momento di diventare protagonisti del vissuto e delle proprie scelte, governando le emozioni e ricercando soluzioni creative.







La speranza è legata al nostro ottimismo, al positivo che vediamo in noi e attorno a noi, alla visione del futuro, alla “fiducia” che riponiamo negli altri e nelle relazioni.
Luca Stanchieri pioniere in Italia del Coaching Umanistico, attraverso la sua esperienza sul campo ha individuato una relazione tra speranza e autostima, dice che: “l’autostima è una combinazione fra amore, speranza e fiducia nella propria mente. Nasce dall’esperienza e dalla coscienza. Non è un semplice sentirsi bene. È la convinzione profonda che allenando le proprie potenzialità si possono raggiungere traguardi spirituali e concreti straordinari”.

E allora, oggi, cosa possiamo fare per recuperare la nostra speranza?
Fermiamoci e ricominciamo a progettare con creatività, ottimismo e amore.

venerdì 23 agosto 2013

Ma chi te lo fa fare?

Quando sentiamo la fatica nel buttarci in una nuova situazione, quando pensiamo che quello che stanno dicendo è lontanissimo dalla nostra cultura, quando una vocina ci dice "ma chi te lo fa fare?" è possibile che ci stiamo arenando nella nostra zona di comfort. 
Cos'è la zona di comfort?
L'area che contiene tutte le abitudini, i comportamenti quotidiani, i modi di pensare,  le situazioni e le persone che fanno parte della quotidianità. Il conosciuto è rassicurante, ci fa stare a nostro agio, non richiede alcuno sforzo. Il vecchio detto Siciliano, ”megghiu u tintu canusciutu ca u bonu a canusciri” (meglio il cattivo conosciuto che il buono da conoscere), è la convinzione che incita alla conservazione e non all’esplorazione della novità. Tuttavia anche quando ci troviamo davanti a una situazione che non apprezziamo particolarmente, ma che ci tranquillizza e ci rassicura, siamo molto restii a cambiarla.
Allargare o andare oltre la zona di comfort vuol dire andare a esplorare qualcosa di nuovo e sconosciuto.
Quando chiedo ai coachee qual è la strada che percorri da casa a lavoro, immediatamente tutti rispondono con disinvoltura ricordando perfettamente il percorso e ammettono di farlo in automatico pensando ad altro o addirittura facendo altro. Se invece dobbiamo andare in una città sconosciuta, diventa un problema, dobbiamo pensarci, documentarci, valutare e sperimentare prima di conoscere il  percorso.
Quante volte l’idea o la proposta di una “novità” ci blocca perché non rientra nella “calda” e “accogliente” zona di comfort?
Penso a M. che desiderava tanto avere delle relazioni migliori a socializzare di più, ma si sentiva bloccato, mentre correva nel parco non riusciva a salutare un conoscente che frequentava la stessa università, esercizio dopo esercizio, M. è riuscito a rompere con la sua timidezza e aprire dei dialoghi con chiunque incontrasse.
Penso a un gruppo di lavoro incastrato in un metodo di lavoro disorganizzato e con obbiettivi non condivisi, che per pigrizia non si è fermato a pensare nuove strategie….
Penso alla paura di L. di costruirsi un sito e di esporre la propria professionalità…
Penso a O. che quest’anno si è dedicata del tempo per riposare e a più di cinquant’anni è andata in vacanza per la prima volta.
E ancora… cambiare casa, cambiare lavoro, cambiare città, sono degli esempi di situazioni che ci richiedono un’apertura della nostra zona di comfort, di avanzare nella scoperta.
All'interno di essa ci sentiamo confermati nel nostro modo di essere e nelle aspettative che gli altri hanno su di noi. Seppur ci adagiamo in un apparente benessere, a lungo termine questa staticità non permette di crescere. Le abitudini cognitive, emotive e relazionali, non danno spazio all'apprendimento, all'apertura al nuovo, all'incerto, al possibile!
L’esposizione a situazioni nuove, persone nuove, culture diverse dalle nostre ci crea inizialmente incertezza, frustrazione e insicurezza, perchè lo sconosciuto spaventa. Superare quel momento di “stress” (positivo), resistere, saper stare dentro il “nuovo”, porterà dei benefici inestimabili.
Per far sì che lo stress causato dall’uscita dalla zona di comfort non sia elevato da farci rinunciare ad una occasione di crescita, occorre calibrare una uscita progressiva ed esporsi gradualmente a ciò che ci attrae, ma è nuovo, che ci affascina, ma ci spaventa, che ci stimola, ma pare irraggiungibile.

Crescere significa mettersi in gioco e andare oltre sé!

venerdì 26 luglio 2013

Voglia di Vacanza...



Ho bisogno di riposo”….”sono stanca”… “non ho più energie”…“attendo le vacanze con ansia!!!”
Queste sono le frasi più ricorrenti della settimana, dette da chi ho incontrato, ma a volte dette a me stessa!
Perché dopo tanto lavoro e grandi progetti adesso le nostre giornate sembrano schiacciate da questi pensieri? Perché percepiamo le giornate come interminabili?
Il nostro serbatoio energetico lampeggia!
Come tutti i buoni allenamenti sportivi è necessario il “tempo di recupero”, un intervallo di tempo per far rilassare i muscoli, i 3 minuti di riposo dopo un esercizio di bodybuilding o un giorno di riposo dopo una partita molto impegnativa.
Il “tempo di recupero” è quella pausa che intercorre tra un’attività e l’altra o tra i vari esercizi. Il riposo rappresenta una grandissima risorsa nel processo di allenamento. Dopo il “carico”, vi è una diminuzione transitoria della capacità di prestazione, attraverso il recupero si verifica una risalita delle capacità a un livello superiore rispetto a quello di partenza.
Ma cosa significa questo per la nostra mente? Come si fa?
Nel life coaching è necessaria una fase di recupero e nello specifico è caratterizzata dalla cura di sé.
Prendersi cura di sé permette la rigenerazione delle energie psico-fisiche, ciò implica non soltanto il riposo fisico, necessario perchè il corpo non è scisso dalla mente, ma svolgere attività che determinano emozioni e pensieri positivi.
Le attività da scegliere sono dalle più varie, dipendono dalla persona, si può dedicare del tempo a passeggiate in montagna, incontrare degli amici, fare uno sport che appassiona, stare sotto il sole con la brezza del mare che accarezza, giocare con i figli, ecc…

Il “tempo di recupero” è parte integrante dell’allenamento, possiamo dunque modificare il piano d’azione aumentando il tempo di recupero e diminuendo il tempo di allenamento al fine di ricostituire le riserve energetiche che saranno pronte per essere utilizzate nella successiva sessione di allenamento.
Il “tempo di recupero” e/o di cura di sé ha una caratteristica trasversale a tutti gli esseri umani: il sonno. Dormire rigenera!
Tuttavia ci sono anche altri elementi che cambiano in modo soggettivo, la domanda quindi è: come ti prendi cura di te?

Attenzione: quando si va in vacanza sarebbe meglio non passare in modo repentino da un'attività altamente stimolante o stressante al completo riposo, questo potrebbe portare ad un fisiologico abbassamento dell’umore, a una sensazione di vuoto. L’umore depresso in questo caso è uno stato transitorio dovuto al passaggio da una vita frenetica al riposo totale. Quindi, sarebbe auspicabile un passaggio graduale con delle attività piacevoli come quelle sportive.

Dopo un meritato “tempo di recupero” saremo rigenerati e pronti a vivere le sfide di ogni giorno, realizzare grandi obbiettivi, ma soprattutto godere delle sorprese del percorso!



venerdì 5 luglio 2013

Gratitudine


Nell'ultima settimana quante volte hai ringraziato profondamente qualcuno?
Questa mattina hai ringraziato per il nuovo giorno?
Presi dalla frenesia dimentichiamo il presente e le meraviglie che viviamo, solo nel momento in cui forse rischiamo di perderle o le perdiamo ci rendiamo conto di quanto erano importanti.
Ma dobbiamo aspettare momenti estremi?
La gratitudine è la potenzialità relazionale di sentirsi grati per aver ricevuto un dono.
Martin E.P. Seligman suggerisce la “visita di gratitudine”, un esercizio per aumentare il nostro benessere:  pensa a una persona che è stata particolarmente importante per te, che ha segnato positivamente la tua vita, che porterai dentro di te per sempre. Fatto? Adesso prova a scrivergli una lettera in cui spieghi le motivazioni per cui gli sei grato. E poi? Consegna di persona questa lettera, oppure, inviala se il destinatario è troppo distante.

Potrei preannunciarti alcuni degli effetti che l’esercizio produce, ma è più efficace sperimentare l’esperienza.
Sicuramente ci sono degli elementi sui quali possiamo riflettere: la felicità che nasce da questa azione non è data da semplici emozioni positive (che di per sé fanno piacere), ma dal senso e dal significato che la relazione ha per noi, dal tipo di coinvolgimento che abbiamo in quella esperienza.
La gratitudine è una potenzialità relazionale che appartiene alla virtù della trascendenza, è il riconoscimento dell’eccellenza altrui nella sfera morale, evoca un senso di meraviglia, di riconoscenza e apprezzamento per la vita stessa. L’atteggiamento di gratitudine è uno stato mentale selettivamente attento agli aspetti positivi e ai piccoli eventi quotidiani come una gentilezza, un sorriso, un suono piacevole, uno scorcio paesaggistico bello.
L’atteggiamento di gratitudine conduce l’attenzione verso infinite nuove possibilità e facilita la capacità creativa; dà forma a pensieri positivi.

Buon allenamento!

sabato 15 giugno 2013

"Non sono fatta per studiare"

"Non sono fatta per studiare" così ha esordito R., "preferisco andare a lavorare così non devo chiedere soldi a nessuno"!!!

R. Ha solo 16 anni e due grandi occhi marroni, tantissime capacità e potenzialità, mi confessa che è stato un anno duro e non ne vuole più sapere della sua scuola professionale, alle scuole medie è stata bocciata, oggi è la più grande tra le sue compagne (si vede!) e pensa di essere nuovamente bocciata quest'anno!

Per venire a scuola si alza alle 5,30 del mattino perché vive molto lontano e ha una situazione familiare molto complessa. Con lo sguardo spento le sento dire: “basta”!
E poi cosa farai? “Forse un giorno mi prenderò la qualifica!” risponde.
Un giorno? Perché non ora? Quali progetti hai? Su chi pensi di poter contare? Che lavoro vorresti fare?...lo sai che hai tantissime potenzialità? … che sei molto intelligente? Che potresti diventare una professionista se solo lo volessi?
Con tono pacato, domande e affermazioni si alternano e ci legano in uno sguardo d’intesa.

R. ha risposto ad alcune domande, sulle sue capacità era anche incredula, ma chiedo a me stessa: “quante volte abbiamo bisogno che qualcuno ci riconosca? Veda in noi quello che la stanchezza e i piccoli fallimenti non ci fanno vedere?”.


Il mio non è un incoraggiamento edulcorato”, dico a R., ma è il dispiacere nel vedere la tua “bellezza” calpestata, è credere nelle tue possibilità. Questa battaglia la possiamo affrontare! Rinunciare o Ricominciare?