Il termine pazienza è definito come la “disposizione
d’animo, abituale o attuale, congenita al proprio carattere o effetto di
volontà e di autocontrollo, ad accettare e sopportare con tranquillità,
moderazione, rassegnazione, senza reagire violentemente, il dolore, il male, i
disagi, le molestie altrui, le contrarietà della vita in genere…” (treccani.it). È un atteggiamento virtuoso
verso l’imprevisto. È una modalità di reazione alle situazioni complicate, che
richiedono tempi lunghi di soluzione e tanta volontà intenzionale. Spesso si
combina bene con la perseveranza quando si manifesta nella realizzazione di
qualcosa che incontra ostacoli e limiti sulla strada di concretizzazione. La
pazienza ci fa “stare” dentro le cose e le situazioni, senza creare rotture,
anzi solidifica le relazioni e la persona.
Ancora un passo avanti e oltre lo possiamo fare con
l’antifragilità: come il corpo umano può fortificarsi quando sottoposto a
stress e tensioni, così molte vicende nella vita traggono beneficio dalla crisi
o dal disordine. Nassim Taleb identifica come “antifragile” ciò che migliora
con il caos o addirittura ne ha bisogno per sopravvivere. Sostiene che
l’antifragile riesce a beneficiare dal turbamento, a prosperare e crescere. La
vita ci dà mille occasioni per vivere l’antifragilità o per allenarla e
svilupparla. Quando perdiamo il controllo (che tanto amiamo) della situazione
inevitabilmente incontriamo il caos, l’incerto, il disordine, il rischio,
l’avventura.
L’antifragile funziona comunque fino ad un certo punto, entro
un limite di “rottura” del sistema e degli equilibri profondi per cui, Taleb
dice un soggetto antifragile: “è immune da errori di previsione e protetto dagli
eventi avversi”.
Pensiamo di non essere antifragili? Tutti noi possiamo
iniziare ad allenarci agli antifragilità, a scoprire cosa la nostra fragilità
ci dice, ad assaporare cosa l’imprevisto può insegnarci o la nuova strada che
può aprirci.
È difficile? Sì, ma l’allenamento fa diventare, nel tempo,
semplici le cose difficili.